Non ho idea del motivo, ma in questo periodo ho un unico argomento in testa: figli.
Sono quel tipo di persona che si lascia scappare “awwww” di tenerezza quando vede un bambino fare cose stupide ed ingenue, ma sono consapevole del fatto che un figlio tutto mio comporterebbe ben altre responsabilità.
In passato fantasticavo su due temi in particolare: avere un ragazzo e avere un figlio. Per il primo si può immaginare quello che si vuole, ma non si può costringere qualcuno ad avere una relazione. Per quanto riguarda il figlio, parte di me voleva rassicurarsi: il sangue del mio sangue non avrebbe potuto non volermi bene. Non sarei stata quel tipo di genitore che si fa odiare e avrei fatto di tutto per ricordarmi come ero da giovane per non cadere nel tipico comportamento da genitore rompiballe.
Sognavo, e sogno tutt’ora, un figlio anche per rendere il mondo un posto migliore. Credo di essere una brava persona e allo stesso modo vorrei educare i miei figli, che potrebbero fare qualcosa di buono per la società anche semplicemente essendo persone decenti.
Per quanto avere un figlio rimanga qualcosa di fantastico, adesso vedo più chiaramente due difetti che mi spaventano. Primo fra tutti è l’ansia. Non sono una persona ansiosa nel senso clinico, mi preoccupo normalmente come tutti, ma quando sono responsabile di qualcuno, impazzisco. Questo esempio è estremamente personale, ma con tutta probabilità mi ha traumatizzato.
I miei genitori erano partiti per il fine settimana ed ero rimasta a casa con mio fratello. Da poco era stato mandato in onda su Le Iene il servizio sulla Blue Whale Challenge, che ho guardato nonostante sapessi che non digerisco queste storie psicologiche. Come si suol dire, la curiosità uccise il gatto.
Durante il giorno riuscivo a sopportare, ma la sera è stato orribile: non riuscivo a pensare ad altro. Cercavo di dormire, mentre mio fratello rimaneva sveglio a guardare la TV, ma sentivo il panico diffondersi dentro di me come mai prima di allora, con l’ansia di quello che sarebbe potuto succedere.
Mai più nella vita, mi dissi. Avere un fratello comporta una quantità di ansia disumana, figuriamoci un figlio.
Il secondo motivo è più pragmatico. A volte avere dei figli è considerato un dovere. Va bene l’amore e la famiglia, ma è indiscutibile il fatto che, arrivati a una certa età, la gente fa figli perché così fan tutti, per poi assistere a un’ondata di genitori insoddisfatti che non fanno il lavoro che vogliono perché si guadagna poco, che non hanno tempo per le loro passioni… Ne vale la pena?
La domanda sarebbe: perché si fanno figli? Forse per proseguire la specie, anche se a dirla tutta il mondo è in sovrappopolazione. O forse perché si vuole lasciare un’impronta nel mondo, si vuole lasciare il proprio cognome, come un cane che fa pipì per marcare il territorio?
Parlando per quelli della mia età, noi abbiamo sogni e progetti, ma abbiamo bisogno di tempo per realizzarli. Certo, si può lavorare ed essere un genitore nello stesso tempo, ma è complicato e inoltre credo che non tutti abbiano la vocazione del genitore. Personalmente voglio fare molto nella mia vita: ho bisogno di tempo per lavorare, scrivere, leggere, disegnare, stare con i miei amici e stare da sola.
Quando capita che qualcuno ha un figlio molto giovane la gente non si fa problemi a criticare. Perderai gli anni migliori, questo è il tempo per uscire con gli amici e non di badare a un figlio, ti sei giocato/a la gioventù. Quindi per un sedicenne avere un figlio è un ostacolo ai propri sogni, ma non lo è per un trentenne, ovvero quando si è all’inizio dell’indipendenza e della vita adulta? Credo che anche da adulti si abbiano sogni che non siano il matrimonio o i figli.
È egoista pensare che questa è la nostra vita?
Se un figlio è qualcuno a cui impartire un’educazione per rendere il mondo migliore, si potrebbe lavorare su se stessi non sugli altri, anche perché molto spesso tale padre non corrisponde a tale figlio. Se un figlio è qualcuno da cui ricevere amore, si potrebbe adottare un cucciolo e si risparmierebbe sull’ansia.

“Preferirei avere dei gatti” (Freddie Mercury)
So che i bambini sono teneri e tanto altro, ma io vivo soprattutto per me stessa.
Forse in futuro cambierò idea, forse no, ma sicuramente non bisognerebbe vergognarsi di un simile pensiero. Essere un genitore è un impiego dal quale tecnicamente non ci si può licenziare: nessuno acconsentirebbe a un lavoro che porta a una preoccupazione e a una dedizione constante, a meno che non si abbia la vocazione. Un po’ come i medici di frontiera o i volontari, solo in pochi sono pronti per questo.
Alessia xx