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Aristos Achaion, il migliore tra i Greci

«Cantami, o Diva, l’ira del Pelide Achille»

images.jpgTutti conosciamo la storia di Achille e della guerra di Troia. Io stessa, sin dalle medie, non ho mai avuto una grande opinione del nostro Pelide. Lo ricordavo pieno di sé, borioso, egoista: solo perché Agamennone gli aveva portato via Briseide, lui si era rifiutato di combattere? Nonostante sapesse che la sua forza era l’unica arma per sconfiggere Ettore?
Non sopportavo Achille e ben gli stava la morte di Patroclo, era la giusta punizione per il suo egoismo.

Non ero preparata ad un nuovo e più delicato ritratto di Achille, non ero preparata ad ascoltare le sue ragioni e i suoi sentimenti. La Canzone di Achille di Madeline Miller è stato per me una vera scoperta.

A sorpresa, il vero protagonista è Patroclo che da bambino, fu esiliato dal padre e accolto presso la corte di Peleo. Qui fa la conoscenza di Achille e resta subito affascinato dai suoi capelli d’oro e dalla sua bellezza efebica. Per salvarlo dai rimproveri del maestro d’armi, Achille lo nomina suo compagno di vita, che lo avrebbe seguito durante le sue lezioni di lira e di combattimento.

Tra i due ragazzi si instaura una profonda amicizia, seppure ostacolata dalla madre di Achille, la ninfa Teti. Patroclo e Achille crescono insieme e, specchiandosi l’uno nell’altro, scoprono a poco a poco i cambiamenti nei propri corpi. Insieme vengono istruiti dal centauro Chirone e proprio in una caverna sul monte Pelio, lontani dagli occhi di Teti, comprendono i loro veri sentimenti.tumblr_inline_ng71u146J51svi88o-4340.jpg

Sono innamorati l’uno dell’altro, lo sono sempre stati. Per Patroclo, Achille è ormai la unica famiglia che gli resta e lo ama così intensamente da non temere la morte e da seguirlo nella guerra di Troia. Achille, invece, nonostante sia consapevole della sua importanza nella guerra, con Patroclo al proprio fianco è certo di poter diventare il primo eroe felice della storia.

Ci sono teorie contrastanti riguardo al rapporto tra Patroclo e Achille, tra chi pensa che tra loro ci sia solo un’amicizia molto profonda e chi invece crede che fossero amanti. Io preferisco di gran lunga la seconda teoria e, leggendo alcuni versi dell’Iliade, mi sembra difficile non poterci credere:

Mi sono innamorata del loro amore, così com’è descritto nel libro. Delicato e passionale, innocente e forte, ben oltre la morte.

Questo libro mi ha fatto riscoprire entrambi i personaggi, primo fra tutti Achille. Certamente non è mai stato un personaggio semplice da amare, ma come potevo odiarlo, adesso, sapendo che il suo unico desiderio era rimanere al fianco di Patroclo, anche a costo di fuggire dai suoi doveri?
Rispetto a quando ho letto per la prima volta l’Iliade, ora sono decisamente più matura, anche se è stato comunque difficile accettare il fatto che all’epoca l’onore doveva essere difeso quanto la vita stessa.

Nel corso della lettura, temevo che Achille si sarebbe trasformato in una belva irrazionale. In quei momenti, dopo i combattimenti, quando Achille tornava coperto di sangue all’accampamento, ero sempre rassicurata dalla presenza e dai baci di Patroclo:

Imparai a dormire di giorno, in modo tale che non sarei stato stanco quando lui tornava; in quei momenti aveva sempre bisogno di parlare, di descrivermi fino all’ultimo dettaglio i volti e le ferite e i movimenti degli uomini.
E io volevo essere in grado di ascoltarlo, di digerire quelle immagini sanguinolente, di dipingerle come immagini piatte e indimenticabili sui vasi delle generazioni future. Per renderlo libero da esse e farlo tornare Achille di nuovo.

Tutti noi immaginiamo Achille come un possente guerriero: d’altronde come sarebbe stato possibile per un sedicenne eccellere in battaglia? Tuttavia, oltre alla sua forza nel combattimento, vale la pena ricordare un altro episodio.

Prima di partire per Troia, Teti costringe Achille a nascondersi sull’isola di Sciro, dove si traveste da donna per far perdere le proprie tracce. Sarà solo Odisseo a scoprire l’inganno quando, creato il falso allarme di un attacco al palazzo, nota che una donna, invece di scappare, ha istintivamente preso una spada.

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Per essere stato confuso così bene con una ragazza, di certo Achille non doveva essere così muscoloso e virile come viene immaginato di solito. Con i lunghi capelli dorati, il corpo minuto, aveva probabilmente un aspetto femminile/androgino. Dopotutto era un semidio, la vera forza non gli proveniva dai muscoli.

In poche parole, Achille incarna tutto ciò che vorremmo riportare nella nostra società: un eroe che può essere femminile, senza perdere l’onore e il coraggio. Un uomo al quale è permesso piangere e amare con delicatezza. Direi che è ben lontano dal borioso Pelide che avevo in mente prima di iniziare questo libro.
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Passiamo a Patroclo, perché anche qui ci sono delle controversie. Lui era un valoroso guerriero, l’unico che poteva addirittura raggiungere Achille, ma in questo libro viene descritto come un uomo comune, normale. Pacifico, particolarmente portato per la medicina, tanto che sarà molto utile nell’accampamento.

Mi è piaciuto molto questo Patroclo: era quasi istintivo identificarsi nella sua normalità. Inoltre i suoi sentimenti e sensazioni sono descritti così bene da sembrare reali, tanto che lui è sicuramente il mio personaggio preferito.

Se non bastasse la storia d’amore tra Achille e Patroclo e il loro inevitabile destino, ciò che rende ancora più doloroso bello questo libro è proprio il fatto che tutti conosciamo la storia dell’Iliade e, anche se sarebbe impossibile memorizzare tutti i nomi dei guerrieri e dei luoghi, basta un singolo indizio per ricordare cosa accadrà dopo e cadere nel panico.

Ho letto questo libro in inglese e ho trovato la scrittura molto piacevole e scorrevole, ma non semplicistica. Una cosa che mi è piaciuta moltissimo sono state le similitudini e metafore con la natura: le labbra gonfie come i corpi delle api, la pelle color dell’olio d’oliva.
La prima parte del libro, quella felice e priva di guerra, è caratterizzata da un’atmosfera mediterranea e aprica e mi sono sentita letteralmente a casa, in una terra che conoscevo, simile al Sud Italia, solo un po’ più bella.

Consiglio questo libro a chi adora la mitologia greca e le storie di eroi, e a tutti coloro che hanno sempre creduto che Achille e Patroclo fossero amanti. Lo consiglio anche a chi non lo ha mai creduto possibile, perché forse per una volta (per questa volta) potreste cambiare idea.

Alessia xx

philtatos: (greco) i più cari e più vicini al mio cuore

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Micah e Lete (una storia)

C’è sempre un momento in cui ci si accorge che i propri incubi sono veri, e quello era il suo.

Nella grotta si gelava e l’umido penetrava nelle loro ossa. Dalla volta scendevano le stalattiti, come infinite spade di Damocle sopra le loro teste, che gocciolavano con irritante precisione. Ogni volta che sentiva quel plick! veniva scossa da un brivido di freddo, quasi la goccia avesse colpito lei e non il suolo. Guardando in alto le pareva di scorgere una luce, ma poteva benissimo trattarsi del velo di lacrime appeso alle ciglia, del quale, seppur strizzando gli occhi, non riusciva a liberarsi.

Era stesa a terra, i vestiti macchiati, due dita contro il collo del ragazzo, proprio sotto la mandibola. Stava controllando che ci fosse ancora il battito, seppure fosse debolissimo.

«Tu…» biascicò lui, prendendole delicatamente il polso e allontanandolo dal suo collo. «Tu…» ripeté. «Puoi andare.» Sembrava quasi che le stesse dando una possibilità, ma la conosceva ormai da troppi anni e sapeva che a lei non piaceva che le dessero ordini. Non doveva, poteva, ma questo non cambiava il fatto che lui volesse che lei si salvasse.

Avrebbe voluto ridere, come faceva sempre alle sue proposte assurde, come aveva fatto quando le aveva chiesto di sposarlo, ma in quel momento gli occhi gli si riempirono di lacrime e un gemito scappò da quelle labbra di porcellana, ormai tragicamente pallide.

«Non vado da nessuna parte.» Lo baciò una volta per soffocare il dolore, il suo o quello del ragazzo non seppe dire, ma lui aveva già smesso di lamentarsi. Gli uomini provano vergogna a mostrarsi vulnerabili, ma lei provava vergogna a non sapere cosa fare per aiutarlo.our_windy_meadows_by_laura_makabresku-d71dls6

Abbassò lo sguardo sulla sua maglia intrisa di sangue e fu come se qualcuno le avesse preso a calci lo stomaco, per quanto le faceva male quella visione.

Non volevano salvare nessuno, non volevano fare gli eroi. Volevano solo andarsene da quella città dove ogni minima libertà personale era violata e ogni violazione giustificata. La loro casa era sotto sorveglianza, la loro lista della spesa era sotto sorveglianza, non perché fossero sospetti, ma perché semplicemente la vita andava così.

Erano usciti una mattina e non erano più tornati, erano corsi nel bosco, oltre il vecchio filo spinato che da bambina credeva fosse un cimelio della Seconda Guerra Mondiale. Non sapevano dove andare, ma muoversi dava loro l’impressione di avere un piano, anche se si trattava solamente di raccogliere uova di tortora per fare colazione.

Per la prima volta si erano sentiti liberi e soli, e lei si era resa conto di odiare infinitamente la divisa color senape da insegnante che indossava ogni giorno, al punto che  avrebbe voluto addirittura dare fuoco alla camicetta e andare in giro svestita. E l’avrebbe fatto, se lui non glielo avesse impedito.

«Sei geloso delle tortore, Micah?» lo prese in giro, incrociando le braccia sui bottoni disfatti.

In cuor suo, Micah temeva che avrebbero presto scoperto la loro fuga, e con il senno di poi aveva avuto ragione, ma a dir la verità non aveva abbastanza paura da non restare eccitato da lei. «Sono delle gran chiacchierone.» le soffiò tra i seni, facendole scivolare la camicetta.

Stavano fuggendo, ma era un bel tempo per vivere.

Era Micah ad essere sporco di sangue, lei era illesa, se non si contava il senso di morte in fondo alla gola. Era stato colpito da una pallottola silenziata quando eventualmente li avevano trovati. Aveva fatto appena in tempo a gettarla nel lago per proteggerla quando aveva visto i Guardiani, per questo all’inizio aveva pensato che si trattasse di uno stupido scherzo.

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«Micah, sei un gran—» aveva riso, levandosi le ciocche bagnate dal viso. Ma anche lui era nell’acqua, statico come un fermo immagine e l’unico movimento era il filo rosso che sbocciava dal fianco destro. Per un istante, pensò che se non avesse raggomitolato al più presto quel filo, di lui non sarebbe rimasto che un inutile bandolo. Poi si rese conto che se così fosse accaduto non sarebbe stato semplicemente inutile, ma anche morto.

I Guardiani avevano attaccato anche lei. Nell’acqua risultava più difficile sfuggirgli, ma aveva afferrato i capelli di uno di loro e l’aveva mandato a sbattere su una delle rocce iridescenti del fondale. Non l’aveva ucciso, ma con qualche fortuna l’aveva affogato almeno un po’.

Erano stati trascinati in quella grotta e per miracolo lui riusciva ancora a mettere un passo dopo l’altro. Non avrebbe risposto delle sue azioni se lo avessero sfiorato una seconda volta. Ma l’avevano fatto, quando con un calcio dietro le ginocchia lo avevano gettato a terra e lei aveva quasi potuto sentire l’orribile suono degli organi spappolati.

Adesso si guardava attorno, forzandosi dal distogliere lo sguardo dal sangue: lui non poteva sollevarsi senza che il fiotto di sangue e umori fluisse fuori dalla ferita. I Guardiani li avevano abbandonati lì, ma non a morire di freddo: presto sarebbero tornati e li avrebbero uccisi, come in quelle storie che si raccontano per spaventare i bambini.

«Lete, vai.» protestò, il sangue gli gorgogliava in fondo alla gola. «Lete.» la implorò. Era il suo messaggio in codice.

La chiamava così, l’aveva sempre fatto. «Grazie a te dimentico quanto questo posto faccia schifo.» Ma lei non poteva dimenticarlo e andare avanti, perché quel posto, tutto quanto, faceva schifo, e l’unica dannata cosa bella stava morendo sotto i suoi occhi.

«To die by your side» iniziò a cantare, baciandolo sul collo con la scusa di controllare il battito «is such an heavenly way to die

Il petto di Micah sussultò e Lete si staccò tormentata, ma stava ridendo. «Non è molto di buon gusto, in questo momento.»

«Non è di buon gusto nemmeno che tu muoia prima di me.» protestò, mentre lui tornava ad accarezzarle i capelli castani. Con la coda dell’occhio, vide alcuni movimenti, ma questa volta non si trattava di lacrime, quelle le aveva finite.

Nel momento in cui lui smise di pettinarla, seppe di essere morta.wings_by_laura_makabresku-d70lmaq.jpg

Alessia xx
(un abbraccio virtuale alle 30 persone che mi hanno seguito fino a questo momento. ho deciso di scrivere qualcosa di diverso, di condividere un’altra parte di me – non la scrittura, ma i miei sogni poco normali! tutte le immagini sono di laura-makrabresku)

pedissequo: chi segue passivamente un modello, senza originalità