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Anti femminismo o cuore ferito?

Di solito non parlo di cose che non mi piacciono. Potrei parlare di libri brutti e film brutti, ma preferisco che questo blog sia un luogo di riflessione, piuttosto che di critica. Tuttavia, a tutto c’è una prima volta!

Per caso e per sfortuna mi sono ritrovata a studiare il poeta latino Giovenale proprio a marzo. Come mai questa cosa dovrebbe apparire strana? Perché mentre in tutta Italia si stavano organizzando gli scioperi del Lotto Marzo, nel frattempo un europarlamentare ha condiviso con il mondo la sua importante opinione: «ovviamente le donne devono guadagnare meno degli uomini perché sono più deboli, più piccole e meno intelligenti.» Al pari di questo politico, Giovenale è uno dei più grandi misogini che abbia mai avuto il piacere di studiare.

fc6aaa31096a6a81bff7d017bfb816f8.jpgQuando studio letteratura latina mi metto veramente d’impegno a cercare possibili riferimenti queer e femministi, e quando ne trovo qualcuno mi si stringe il cuore per la gioia. Per esempio, nel Satyricon di Petronio i protagonisti Encolpio e Ascilto sono entrambi innamorati del’efebico Gitone.
Nella seconda ecloga delle Bucoliche virgiliane un pastore di nome Coridone è innamorato del giovane Alessi e si strugge per lui. L’elemento omosessuale in Virgilio è così importante che il premio Nobel per la letteratura André Gide ha scritto un saggio in difesa dell’omosessualità (Corydon) in cui si legge:

L’importante è comprendere che, là dove voi dite contro natura, basterebbe dire: contro costume.

E alla fine arriva Giovenale, lo scrittore più inutile della letteratura latina. Se non si fosse capito, odio davvero Giovenale e ve lo smonterò pezzo per pezzo. Probabilmente questo articolo si trasformerà in una lezione di letteratura latina, ma spero che la mia arrabbiatura vi faccia almeno divertire.

Marziale, un altro scrittore latino, ricorda Giovenale come un poeta cliens, sempre affannato al seguito di potenti protettori. All’epoca Mecenate era morto da un pezzo e se gli artisti volevano vivere della propria arte dovevano lavorare su commissione, quasi elemosinando. giovenale-3

Ciò che spinge Giovenale a scrivere è l’indignatio, che sembra piuttosto il risentimento di un uomo che non ha voluto o saputo adattarsi al mondo che cambia.
Quindi fa di tutto per sottolineare la mortificazione della giustizia e il capovolgimento dei valori. È un convinto tradizionalista, uno che schifa i graeculi (immigrati greci) e rimpiange il mos maiorum. Trovo Giovenale molto attuale, che dite?

Nelle sue satire si lamenta di tante cose: della depravazione in cui è caduta Roma, del clientelismo a cui è costretto. Critica la vita militare, i nuovi genitori che non sanno educare i figli. Critica il vizio dell’omosessualità, che è ovviamente colpa dei Greci, e odia le donne.

Dalla prima all’ultima, nessuna si salva. Qualsiasi atteggiamento femminile viene screditato e non solo quelli “comprensibilmente” rivoluzionari e femministi. Intendiamoci: se un poeta latino Tizio mi dice che le donne devono restare a casa a fare figli, mi limito a ridere sul paragrafo che devo studiare e vado avanti. Cosa posso aspettarmi dal 60 d.C.? Giovenale, invece, è un misogino a tutto tondo e critica le donne anche quando fanno cose tipicamente femminili, come indossare gioielli, truccarsi, profumarsi.

Augurati che la matrona, che a mensa ti siede accanto, non conosca tutta la storia, che non capisca tutto quello che legge. Odio la donna che si rifà di continuo al Metodo di Palemone, senza sbagliare mai una regola e, ostentando le sue anticherie, cita versi a me sconosciuti. Proprio non c’è nulla al mondo di più intollerabile di una donna ricca!

La domanda sorge spontanea: ma nessuno lo ha mai mandato a quel paese?

Ho sperato che si discutesse della sua misoginia in maniera approfondita, ma ciò non è accaduto a causa dei tempi ristretti delle lezioni, o forse perché non a tutti importa quel che dice. Da un lato penso: perché sono costretta a studiare un individuo così inutile nella sua produzione letteraria oltre che nella mentalità?, ma forse è meglio conoscere il proprio nemico. Sicuramente sarò sembrata una vera secchiona mentre bestemmiavo contro uno scrittore trapassato, ma questo io lo chiamo “studio critico”.

Forse la letteratura latina ci serve ancora oggi per evitare titoli del genere:Cattura

Sfido a giustificare in questa maniera le parole del famoso europarlamentare.

Alessia xx

abulia: mancanza di volontà di prendere una decisione

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Amore a tempo indeterminato (una poesia)

Vorrei mi notassi
Sulla pista da ballo,
Perché mi sto divertendo
Senza di te.

Vorrei mi notassi
Addormentata sul divano,
Perché è notte fonda
E la festa non sembra voler finire.

Il tuo sguardo
È un’invenzione
Che mi costringe a voltarmi,
Ma tu non ci sei affatto.

Solo nella mia mente
Compari ogni volta
E mi pensi
E mi cerchi.

Alessia xx

nitore: chiarezza, eleganza

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Micah e Lete (una storia)

C’è sempre un momento in cui ci si accorge che i propri incubi sono veri, e quello era il suo.

Nella grotta si gelava e l’umido penetrava nelle loro ossa. Dalla volta scendevano le stalattiti, come infinite spade di Damocle sopra le loro teste, che gocciolavano con irritante precisione. Ogni volta che sentiva quel plick! veniva scossa da un brivido di freddo, quasi la goccia avesse colpito lei e non il suolo. Guardando in alto le pareva di scorgere una luce, ma poteva benissimo trattarsi del velo di lacrime appeso alle ciglia, del quale, seppur strizzando gli occhi, non riusciva a liberarsi.

Era stesa a terra, i vestiti macchiati, due dita contro il collo del ragazzo, proprio sotto la mandibola. Stava controllando che ci fosse ancora il battito, seppure fosse debolissimo.

«Tu…» biascicò lui, prendendole delicatamente il polso e allontanandolo dal suo collo. «Tu…» ripeté. «Puoi andare.» Sembrava quasi che le stesse dando una possibilità, ma la conosceva ormai da troppi anni e sapeva che a lei non piaceva che le dessero ordini. Non doveva, poteva, ma questo non cambiava il fatto che lui volesse che lei si salvasse.

Avrebbe voluto ridere, come faceva sempre alle sue proposte assurde, come aveva fatto quando le aveva chiesto di sposarlo, ma in quel momento gli occhi gli si riempirono di lacrime e un gemito scappò da quelle labbra di porcellana, ormai tragicamente pallide.

«Non vado da nessuna parte.» Lo baciò una volta per soffocare il dolore, il suo o quello del ragazzo non seppe dire, ma lui aveva già smesso di lamentarsi. Gli uomini provano vergogna a mostrarsi vulnerabili, ma lei provava vergogna a non sapere cosa fare per aiutarlo.our_windy_meadows_by_laura_makabresku-d71dls6

Abbassò lo sguardo sulla sua maglia intrisa di sangue e fu come se qualcuno le avesse preso a calci lo stomaco, per quanto le faceva male quella visione.

Non volevano salvare nessuno, non volevano fare gli eroi. Volevano solo andarsene da quella città dove ogni minima libertà personale era violata e ogni violazione giustificata. La loro casa era sotto sorveglianza, la loro lista della spesa era sotto sorveglianza, non perché fossero sospetti, ma perché semplicemente la vita andava così.

Erano usciti una mattina e non erano più tornati, erano corsi nel bosco, oltre il vecchio filo spinato che da bambina credeva fosse un cimelio della Seconda Guerra Mondiale. Non sapevano dove andare, ma muoversi dava loro l’impressione di avere un piano, anche se si trattava solamente di raccogliere uova di tortora per fare colazione.

Per la prima volta si erano sentiti liberi e soli, e lei si era resa conto di odiare infinitamente la divisa color senape da insegnante che indossava ogni giorno, al punto che  avrebbe voluto addirittura dare fuoco alla camicetta e andare in giro svestita. E l’avrebbe fatto, se lui non glielo avesse impedito.

«Sei geloso delle tortore, Micah?» lo prese in giro, incrociando le braccia sui bottoni disfatti.

In cuor suo, Micah temeva che avrebbero presto scoperto la loro fuga, e con il senno di poi aveva avuto ragione, ma a dir la verità non aveva abbastanza paura da non restare eccitato da lei. «Sono delle gran chiacchierone.» le soffiò tra i seni, facendole scivolare la camicetta.

Stavano fuggendo, ma era un bel tempo per vivere.

Era Micah ad essere sporco di sangue, lei era illesa, se non si contava il senso di morte in fondo alla gola. Era stato colpito da una pallottola silenziata quando eventualmente li avevano trovati. Aveva fatto appena in tempo a gettarla nel lago per proteggerla quando aveva visto i Guardiani, per questo all’inizio aveva pensato che si trattasse di uno stupido scherzo.

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«Micah, sei un gran—» aveva riso, levandosi le ciocche bagnate dal viso. Ma anche lui era nell’acqua, statico come un fermo immagine e l’unico movimento era il filo rosso che sbocciava dal fianco destro. Per un istante, pensò che se non avesse raggomitolato al più presto quel filo, di lui non sarebbe rimasto che un inutile bandolo. Poi si rese conto che se così fosse accaduto non sarebbe stato semplicemente inutile, ma anche morto.

I Guardiani avevano attaccato anche lei. Nell’acqua risultava più difficile sfuggirgli, ma aveva afferrato i capelli di uno di loro e l’aveva mandato a sbattere su una delle rocce iridescenti del fondale. Non l’aveva ucciso, ma con qualche fortuna l’aveva affogato almeno un po’.

Erano stati trascinati in quella grotta e per miracolo lui riusciva ancora a mettere un passo dopo l’altro. Non avrebbe risposto delle sue azioni se lo avessero sfiorato una seconda volta. Ma l’avevano fatto, quando con un calcio dietro le ginocchia lo avevano gettato a terra e lei aveva quasi potuto sentire l’orribile suono degli organi spappolati.

Adesso si guardava attorno, forzandosi dal distogliere lo sguardo dal sangue: lui non poteva sollevarsi senza che il fiotto di sangue e umori fluisse fuori dalla ferita. I Guardiani li avevano abbandonati lì, ma non a morire di freddo: presto sarebbero tornati e li avrebbero uccisi, come in quelle storie che si raccontano per spaventare i bambini.

«Lete, vai.» protestò, il sangue gli gorgogliava in fondo alla gola. «Lete.» la implorò. Era il suo messaggio in codice.

La chiamava così, l’aveva sempre fatto. «Grazie a te dimentico quanto questo posto faccia schifo.» Ma lei non poteva dimenticarlo e andare avanti, perché quel posto, tutto quanto, faceva schifo, e l’unica dannata cosa bella stava morendo sotto i suoi occhi.

«To die by your side» iniziò a cantare, baciandolo sul collo con la scusa di controllare il battito «is such an heavenly way to die

Il petto di Micah sussultò e Lete si staccò tormentata, ma stava ridendo. «Non è molto di buon gusto, in questo momento.»

«Non è di buon gusto nemmeno che tu muoia prima di me.» protestò, mentre lui tornava ad accarezzarle i capelli castani. Con la coda dell’occhio, vide alcuni movimenti, ma questa volta non si trattava di lacrime, quelle le aveva finite.

Nel momento in cui lui smise di pettinarla, seppe di essere morta.wings_by_laura_makabresku-d70lmaq.jpg

Alessia xx
(un abbraccio virtuale alle 30 persone che mi hanno seguito fino a questo momento. ho deciso di scrivere qualcosa di diverso, di condividere un’altra parte di me – non la scrittura, ma i miei sogni poco normali! tutte le immagini sono di laura-makrabresku)

pedissequo: chi segue passivamente un modello, senza originalità

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Spiegare, non giustificare

Quando scrivo, le mie parti preferite sono le descrizioni e la narrazione. Mi basta immaginare il mio personaggio o le sue azioni in relazione all’ambiente, e inizio a scrivere senza problemi.

Il guaio arriva quando devo scrivere dialoghi o flussi di coscienza. So che per molti scrittori è esattamente il contrario, forse perchè i dialoghi si ispirano a situazioni reali o sono più semplici da immaginare, ma nel mio caso, ogni volta che devo iniziare un dialogo inizio a sclerare.

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Il mio problema è tendo a rendere tutto melodrammatico, quindi devo trattenermi dal trasformare il mio racconto in una telenovela argentina. Quindi ecco il mio consiglio poco esperto (in realtà diretto a me stessa): quando descrivete i pensieri dei vostri personaggi dovete spiegare, non giustificare.

Spiegare significa descrivere in maniera più o meno accurata, dando spazio e fiducia al lettore. Significa ricreare l’emozione e il ragionamento del personaggio, ampliando il senso delle sue azioni.
Spiegare significa dimostrare di non aver dubbi su quello che si sta scrivendo, o almeno fingere per il bene del lettore di non averne.

Giustificare, invece, è sinonimo di insicurezza. Se ho bisogno di giustificare un’azione, vuol dire che in primo luogo quell’azione non è stata descritta a dovere.
Giustificare significa cercare di convincere il lettore che la storia va proprio così, senza lasciarlo libero di capirlo da solo, per timore che possa leggere oltre le nostre parole.

Il confine tra la spiegazione e la giustificazione non è così marcato, ma in qualche modo potreste accorgervene. La spiegazione è fluida e rimanda alle azioni precedenti, senza chiamarle troppo in causa. La giustificazione è ridondante e a volte esagera le vostre parole, dicendo cose che non c’entrano assolutamente niente.

writing-badMa come faccio (io medesima) ad accorgermi di star scrivendo una giustificazione? Mi sento in colpa, ecco quanto è strano il mio cervello.
Forse è perché so di aver mancato di raccontare qualcosa prima o di aver scritto con troppa fretta. Allora guardo il paragrafo e so che in realtà non ho spiegato un bel niente.

In fin dei conti, scrivere non è così facile. Noi abbiamo tutta la storia e i pensieri dei personaggi in testa, ci sembra ovvio quello che scriviamo ed è più rapido giustificare le nostre scelte, piuttosto che spiegarle senza creare un trauma nei lettori – ma tutto è possibile!

Alessia xx

arguire: dedurre dagli indizi

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Caterina e la nuvola d’oro: una vita a rovescio

Ho conosciuto Simona Baldelli alla presentazione del suo nuovo libro: dopo tanti anni a calcare il palcoscenico, ha una strana difficoltà nel definirsi scrittrice, nonostante La vita a rovescio non sia il suo primo romanzo.

«La storia di questo libro nasce grazie a una sbronza»

Un’amica le aveva regalato un libro dalla copertina arancione – no, rossa, ma chissà perché la sua mente continua a ricordarla arancione. Si trattava di un saggio storico, non esattamente il suo genere preferito, ma per non fare un torto a nessuno aveva nascosto il libro in valigia, senza nemmeno darvi un’occhiata.

Dopo le birre strappate all’unico locale ancora aperto a quell’ora di notte e con troppo poco sonno in corpo, il giorno dopo vagava per le sale conferenze del Salone Internazionale del Libro, alla ricerca di un angolino in cui riposarsi. Seduta in fondo a una sala semivuota, il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi fu: «Sicuramente stanno presentando un saggio storico».

«Un poco alla volta mi sono svegliata e ho iniziato a sentire dei suoni. Poi quei suoni si sono trasformati in parole e quelle parole in frasi. E quelle frasi in una storia bellissima. Stavano presentano quel mio libro con la copertina arancione»

cover.jpgCon il viso deturpato dal vaiolo, Caterina Vizzani vive a Roma. Tiene i conti per la falegnameria del padre ed è più sveglia di molti maschi che comandano il suo piccolo mondo. Nella scuola di cucito che è costretta a frequentare, Caterina conosce Margherita dai capelli d’oro.

Margherita che non ha paura della cicatrice sul suo viso – anzi, quando sono insieme è Caterina a dimenticarsi di essere tanto imperfetta. Margherita che ogni sera le racconta dell’amore tra Bradamante e Fiordispina come fosse un loro segreto, e forse c’è davvero qualcosa da tener nascosto: natura, no – stregoneria.

Qualsiasi sia quel nome tanto sospirato dalle due amanti, troppo grave è la colpa di Caterina, che è costretta a fuggire da Roma. Un’infestazione di cimici le farà scoprire Giovanni Bordoni. Grazie a lui, Caterina deciderà di mandare all’aria quel copione striminzito impartitole per nascita e nel suo nuovo costume, comincia a sentirsi padrone della scena, padrone del mondo.

Perché adesso che è un maschio, la sua cicatrice vaiolata non spaventa più le donne, ma le seduce, e l’ambizione all’indipendenza tanto condannata in Caterina, per Giovanni diventa sinonimo di grandezza d’animo. Il suo più grande desiderio è diventare un cavaliere come Bradamante, ma la brama di un potere negato alle donne spesso allontanerà Giovanni dal fare la scelta giusta, dal creare il suo regno a rovescio.

Quando mi è stato proposto questo libro sono stata molto felice di dargli un’occasione: personalmente non avevo mai letto un autore italiano parlare dell’identità sessuale e in generale è un tema su cui mi piace discutere.

cover.jpgInoltre, la caratteristica di questo romanzo è che nonostante la questione affrontata ovviamente influisca sulle scelte di Caterina, la storia non ne viene monopolizzata. Non ci sono capitoli eterni sull’educazione sessuale o manifesti per la parità dei diritti: è la storia di una ragazza vera che vuole essere libera, anche se per farlo deve indossare un costume, e anche se questo può sembrare una contraddizione.

Proprio il fatto che sia una storia vera in alcuni casi potrà farvi arrabbiare: a tratti Caterina mi era sembrata egoista e maschilista. Non riuscivo ad accettare come proprio lei, avendo una possibilità di riscatto, potesse preferire i privilegi maschili della vita sessuale e lavorativa! Avrebbe potuto ribaltare il mondo, invece si era limitata a scalarlo.

Questo perché siamo abituati personaggi realistici, ma inventati – personaggi che possono farsi carico di essere paladini della giustizia senza in realtà perdere nulla, perché la loro vita nasce direttamente dalla tastiera dello scrittore. Nella vita vera, invece, pur avendo idee di giustizia e di parità, il primo istinto è sempre quello di proteggersi.

Consiglio La vita a rovescio di Simona Baldelli a chi ama le vite avventurose e turbolente, a chi non può credere che tutto ciò sia realmente accaduto e a chi – invece – ha sempre creduto che la letteratura e la poesia siano roba da pazzi.

Alessia xx
(Simona Baldelli è pubblicata da Giunti Editore: trovate qui tutti i suoi libri
La vita a rovescio è stato nominato libro del mese per Fahrenheit-Radio Tre)

picacismo: disturbo dell’alimentazione caratterizzato dall’ingestione prolungata di sostanze non nutritive (carta, legno…)

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Nel paese delle citazioni #Tag

Quante volte abbiamo letto un libro e pensato sì, è esattamente quello che penso!
Il che è anche strano, se ci pensate – un autore sconosciuto che riesce a raccontare alla perfezione una vostra idea…

Grazie a londoner18, partecipo al tag delle citazioni!
Queste sono in assoluto le mie frasi preferite, quelle che ho scritto ovunque potessero essere scritte, anche sulla pelle. Le trovo motivazionali e ogni volta che le leggo sento di poterle mettere in pratica, migliorandomi. Sarà pure solo una questione mentale, ma un po’ autoconvincimento serve sempre!

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Evelyn, la mia senpai:

La mia filosofia di vita:

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Per questo tag nomino:
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Sono curiosa di conoscere le vostre citazioni!

Alessia xx

ofidiofobia: paura dei rettili

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Così è… (se vi pare)

Cosi-e-se-vi-pare«Quest’anno vieni a fare teatro?»

Ero parecchio indecisa: l’anno scorso avevo partecipato al teatro della scuola – avevo avuto una particina, di cui, se non altro, tutti si ricordavano (per ovvi doppi sensi motivi):

«Si tolse il cappello, allungò la mano oltre il mancorrente della scaletta e lo lasciò cadere giù. Sembrava un uccello stanco, o una frittata blu con le ali. […] Evidentemente era un uccello, non una frittata»

(Novecento – Alessandro Baricco)

Quello che più mi aveva spaventato era il dover lavorare per mesi insieme a ragazzi che conoscevo solo per averli incrociati nei corridoi. Immaginate quindi il mio shock quando alla prima lezione di teatro vidi più di 50 ragazzi! (ho pregato intensamente che molti abbandonassero la nave il progetto, perché erano davvero troppi e io non conoscevo nessuno) (sono una brutta persona, lo so)

Per farla breve, l’anno scorso è stata quella che si può chiamare un’esperienza: la storia era interessante e la maggior parte degli attori era simpatica e non così tanto spaventosa rispetto a come me l’ero immaginata (obv). Però non ero diventata parte del gruppo e non ero nella posizione di fare battute stupide senza farmi mille paranoie (il che è oggettivamente l’unico metro valido per valutare un’amicizia).

«Quest’anno vieni a fare teatro?»
«Non credo»

«A teatro stiamo facendo degli esercizi per la fiducia, come nei film! Questo regista è proprio bravo, altro che quello dell’anno scorso!»
«Ma se tu l’anno scorso nemmeno venivi a teatro!»

«Oggi forse iniziamo a vedere il copione: tu ci vieni questa volta?»
«Mhh…  Okay»

Avete mai realizzato come una parola in più o in meno possa trasformare la vostra vita? Forse solo per poco; magari quanto basta.

E’ stato un lungo lavoro: non si trattava certo di una commedia o di una storia affascinante come era stato per Novecento. Ci vuole del tempo per capire Pirandello e soprattutto per accettarne l’idea, perché ogni tanto si riaffacciava il dubbio che non fosse la scelta più azzeccata: «Altro che questo Pirandello di **! Dovevamo fare Sogno di una Notte di Mezza Estate!»

In tre mesi, abbiamo ridotto e personalizzato Pirandello: quasi senza accorgercene, abbiamo assistito alla crescita dei personaggi, che sono diventati non più soltanto di Pirandello, ma anche dei singoli attori.

Abbiamo creato le scenografie e provato anche mentre martellavano i pannelli di sfondo (in un’atmosfera di escandescenza generale), cercato vecchi vestiti di famiglia e bisticciato con il regista che avrebbe voluto fare strane acconciature con i miei capelli!Schermata-2012-03-15-a-13.07.45

Il 30 maggio siamo andati in rappresentazione con Così è… (se vi pare) e pur tra battute scribacchiate sulle mani e microfoni assenti ce la siamo cavata! Quella storia che prima non ci entusiasmava più di tanto, ora non facciamo che citarla, tanto che anche le battute sbagliate e improvvisate quel giorno sul palco sono diventate quasi parte di un nuovo copione.

Il 1 giugno abbiamo partecipato alla rassegna teatrale SKENE, organizzata dal Liceo Salvemini di Bari, vincendo i premi per miglior attrice protagonista e miglior attore non protagonista e classificandoci al secondo posto!

Al di là della nostra vittoria e del mio ruolo nello spettacolo, sono estremamente contenta di aver fatto teatro quest’anno: ho conosciuto persone fantastiche che non avrei potuto incontrare in altro modo, con le quali in poco tempo si è creata una strana e pazza amicizia ❤️

E pensare che non avrei mai potuto conoscerle se non fosse stato per quell’amico che continuava a raccontarmi del teatro: magari ne parlava solo perché lui si stava divertendo e molto probabilmente non gli interessava affatto convincermi a partecipare, in ogni caso ecco la dimostrazione di come poche parole involontarie possano scatenare scelte più che giuste!tumblr_nbckg6x2ks1tkjhdko1_500

Alessia xx

venale: che si può vendere, di persona che agisce solo per il proprio interesse

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La complicata vita degli etero

tumblr_nhcmtjEgyk1s3dngxo3_1280L’amicizia tra uomo e donna ha tutte le possibilità di esistere. C’è un unico problema: non è quello a cui siamo socialmente abituati. Non fraintendetemi, questo tipo di amicizia esiste eccome, ma è molto spesso accompagnata da un’aura di malizia tutt’altro che involontaria.

Non importa quale sia il vostro genere, basta che portiate con voi un rappresentante del sesso opposto e in men che non si dica vostra madre, un parente qualsiasi, anche il tizio che abita sotto di voi di cui non sapete nemmeno il nome, penserà che si tratti della vostra Anima Gemella.

Se le allusioni possono in alcuni casi essere lusinghiere, in altre situazioni sono profondamente snervanti perché per l’amor del cielo, lasciatemi vivere una semplice amicizia senza farvi film mentali! Dopo un po’ di tempo – dopo che vi avranno estratto a forza la cronistoria del vostro fantomatico partner – lasceranno perdere, ma credete che in questo modo abbiano imparato?

Il problema sta nel fatto che la società non è abituata a svincolare l’abbinamento uomo/donna dall’attrazione sessuale, perché evidentemente un individuo x, dotato di gameti femminili, non può che essere attratto dall’individuo y che le sta di fronte, dotato di gameti maschili.

In fondo al pontile si trovava la guida che li avrebbe condotti al rifugio segreto.
«Assomigli sempre più a tuo padre» ridacchiò quello, aprendo le braccia. Poi adocchiò la sconosciuta oltre le sue spalle «Non sapevo avessi già preso moglie!»
«Moglie? Ah, niente affatto» ribatté lei «noi siamo … »
«Amici»
«Compagni»
«Diciamo conoscenti»
«Giusto»

(esempio di un dialogo molto comune nelle storie alla “odi et amo”. nonostante vada matta per queste storie, non si può negare quanto sia evidente la conclusione per i due personaggi, sin da queste poche battute)

Se a impedire l’amicizia tra uomo e donna è la semplice attrazione fisica, come la mettiamo con chiunque non sia eterosessuale? Tanto per fare un esempio, i bisessuali: mai incontrate persone con così pochi amici!

Anche tra gay e tra lesbiche c’è un’innegabile attrazione fisica, ma ciò non rende l’amicizia con lo stesso sesso meno valida agli occhi della società. Né a vostra madre, al parente qualsiasi, al tizio che abita sotto di voi di cui non sapete nemmeno il nome, passerà per la mente come prima ipotesi che abbiate una fantomatica relazione con quell’amico del vostro stesso genere che vi portate sempre dietro.

Le relazioni omosessuali valgono tanto quanto quelle eterosessuali. Di conseguenza, se le amicizie tra lo stesso sesso sono possibili, pur ammesso il “rischio” di un coinvolgimento amoroso, cosa c’è di diverso nelle amicizie tra generi opposti?

Bisogna normalizzare il concetto che l’attrazione amorosa e/o fisica non esiste solo nel binomio uomo/donna. A questo punto ci sono solo due possibilità: non stringere alcuna amicizia perché non importa il tuo orientamento, tu potresti innamorarti di me in qualsiasi momento. Oppure, capire che tra chiunque un’amicizia può nascere, cambiare o più semplicemente rimanere tale.

Alessia xx

panacea: rimedio portentoso