Qualche giorno fa ho finito la serie tv The Last of Us, ispirata al famoso videogioco, e che sta spopolando ovunque, rendendo l’attore Pedro Pascal la crush di qualsiasi essere umano bazzichi l’internet. E come non essere d’accordo…
Tuttavia, oltre ai pregi e difetti della serie, sono molto contenta che TLOU abbia toccato con poche e semplici scene una tematica importante: il ciclo mestruale in situazioni disagianti, quale potrebbe essere un apocalisse “zombie”.

Un recap delle scene in questione – tranquilli, non ci sono spoiler, anche perché ho la memoria di un pesce rosso.
Nell’episodio 3, durante una perlustrazione alla ricerca di armi e cibo, Joel avverte Ellie che la speranza di trovare qualcosa di utile è bassissima. Ellie, però, è testarda: scende in uno scantinato… ed effettivamente non c’è nulla di valore adeguato a sopravvivere agli Infetti. Nulla, fatta eccezione per una scatola di Tampax. Ellie sgrana gli occhi, esulta e se la mette nello zaino. E’ stato in questo momento che ho pensato: ah… beh, ha senso…
Nell’episodio 6, invece, Ellie e Joel ritrovano un po’ di normalità all’interno di una comune. Qui ricevono cibo, un letto in cui riposarsi. Dopo una doccia rigenerante, Ellie trova sul letto un pacchetto: dentro c’è una coppetta mestruale, con tanto di foglietto illustrativo. Ellie è divertita, forse perché non ne ha mai vista una, la telecamera scorre sui disegni che mostrano come piegarla e inserirla.


Sono rimasta piacevolmente colpita da questi pochi minuti di filmato, che però hanno un grande impatto sullo spettatore – e soprattutto sulle spettatrici. In primis, la rarità di vedere rappresentato nei media – film o romanzo che sia – il ciclo mestruale. Rettifico: rappresentato in modo serio, il che non significa necessariamente pesante e didascalico. Infatti, spesso il ciclo viene utilizzato come diversivo: il ciclo o la la PMS portano al malumore, a voglie dei cibi più disparati, attacchi emotivi, figure imbarazzanti in pubblico.
E sì, c’è anche questo, non sono “falsi miti” – anzi io stessa rivendico il mio “inalienabile diritto alla lagna”… ma questi eventi sono spesso trattati in chiave comica.

Di rado si parla di ciò che c’è attorno al ciclo. Come si gestisce il ciclo? Che tipo di assorbenti acquistare, quanti ne servono al giorno? Se siamo in un luogo pubblico e scopriamo di non averne in borsa? Quando prenotare le vacanze? Tutte queste domande costituiscono il substrato della quotidianità, e non penso di esagerare quando dico questo. Con il tempo e con la pratica ci si abitua a non farsi prendere dall’ansia da ciclo, ma il pensiero è sempre lì: quando ci alziamo e diamo uno sguardo fugace alla sedia, quando usciamo e mettiamo un assorbente nel taschino della borsa, perché il ciclo mi verrà tra una settimana, però non si sa mai.
Al momento, la maggior parte di noi vive in una società ben fornita e “gestire” il ciclo è facile. Ma cosa succederebbe se ci fosse un apocalisse zombie, come quello presentato in The Last of Us? Lo scenario è esagerato, e tuttavia simbolico. Come gestire il ciclo in caso di guerra, quando magari non ci sono negozi, quando le materie prime per produrre gli assorbenti scarseggiano? Il ciclo non si ferma e bisogna trovare una soluzione.
Parlando di scenari “esagerati”, mi vengono in mente numerosi prodotti di intrattenimento (che non volevano insegnare nulla sulle abitudini igieniche dei personaggi), in cui però a volte questa domanda ha fatto capolino nella mia mente. In Hunger Games, per esempio: immaginate che sfiga se il ciclo capitasse proprio nella settimana in cui c’è una possibilità su 24 di morire. Tra i doni offerti dagli sponsor forse ci sarebbe dovuta essere una confezione di Tampax o una coppetta.
Quante storie di eroine ci sono nel genere YA, scappano dalle prigioni, rubano ai ricchi, salvano intere nazioni… ma anche loro avranno avuto il ciclo nel corso della trama, no? E io invece sono qui, a chiedere alla mia amica di camminare qualche passo dietro di me e farmi cenno se è tutto a posto.

Qualcuno potrebbe affermare che la fiction esiste per un motivo ben preciso, ovvero per rifuggire i noiosi problemi della quotidianità. Nella fiction non valgono le regole del mondo reale, e di questo il lettore o lo spettatore ne è consapevole. E sinceramente, lo accetto: d’altra parte è raro che in un romanzo venga messa a verbale ogni volta i personaggi vanno di corpo. Insomma, un po’ di privacy.
Però. Però, sulla questione ciclo penso che ogni tanto faccia piacere che se ne parli. Il ciclo non è un’esperienza comune e per questo motivo è ancora “ghettizzato”, e non solo per motivi di “privacy”, ma perché… fa un po’ senso? Ma certo, ragazzi, non è che disquisisco di ciclo ogni giorno con le mie amiche, non è proprio un argomento di conversazione, ma senza che se ne parli, come si fa a fare informazione? Senza le pubblicità degli assorbenti, senza un personaggio femminile che allo scadere delle 8 ore deve cambiarsi, come si normalizza questa cosa… che dopotutto è normale?

Per questo motivo ho apprezzato le scene inserite in TLOU, scene poco invadenti e perfettamente in linea con il personaggio. Il senso è questo: The Last of Us parla di zombie, pandemia, legami famigliari e di Ellie, una ragazzina che, tra tutte le cose che fa, ha anche il ciclo. Fine.
E’ un po’ come la nostra vita: siamo donne, “facciamo cose, vediamo gente” e abbiamo anche il ciclo – non è un’esperienza totalizzante, ma neanche da ignorare. Non affrontare la questione è come ignorare che anche i vip facciano la cacca (pardon my French): semplicemente stupido.
Due scene in cui compaiono degli assorbenti non cambiano nulla per la maggior parte delle persone, ma aggiungono un certo spessore e portano le spettatrici a riflettere: mmh… in effetti, oltre al cibo, mi servirebbe anche qualche assorbente.
Anzi, potremmo eleggere la coppetta mestruale, “svelata” nell’episodio 6, come lo strumento perfetto per gestire il ciclo in situazioni di restrizione. Qualcuno aveva già avuto questa illuminazione? Perché io no.
Alessia